2. SONO NATA QUANDO È ESPLOSA CERNOBYL

Titolo: 2. SONO NATA QUANDO È ESPLOSA CERNOBYL

Ovvero non sono io il problema, è colpa delle stelle

Ieri è stato il mio compleanno.

Il mio compleanno mi mette na cifra d’angoscia, è un giorno che mi ha sempre dato particolarmente da pensare. Non per la questione dell’invecchiare, è che tiro le somme più di quanto faccia a capodanno: penso a chi ero e dov’ero al compleanno precedente e a quello prima e prima ancora, penso a chi c’era con me quando spegnevo le candeline l’anno scorso, a chi c’è adesso a chi ci sarà al compleanno prossimo e quasi sempre chi c’è a un compleanno, non c’è mai a quello dopo….

Così, vaffanculo, finisco a ubriacarmi male già dalla mezzanotte.

Per di più quest’anno a rincarare la dose ci si è messo pure Vanni, che a mezzanotte vedendo che non gli rispondevo al telefono mi ha mandato un messaggio di auguri del tutto rassicurante: "Attenta eh", mi ha scritto, "che questi sono i famosi 27 eh eh eh".

Mi sono per un attimo guardata dal di fuori col terzo occhio che c’ho tatuato al polso: a una mano il quarto Negroni, all’altra una canna che sapeva di copertone, ero a ballare in reggiseno musica spagnola nel peggior locale di via Libetta, dove un gruppo di svedesi mi ha fatto provare lo Snus, una bustina di tabacco, dicono, che si mette sotto il labbro e io bella tranquillona l’ho provata perché dire no alle caramelle degli sconosciuti quando sono gratis, pure l’erba l’ho scroccata. Ah e ci sono state due risse, mi stavano per rubare il cellulare e la maglietta e alla fine ho limonato col barista per avere il quinto Negroni gratis, ovvio, del resto è il mio compleanno, sono 27 i famosi 27.

Orcatrota

Cioè, piano, non sono una musicista e lungi da ma paragonarmi alla brigata degli allegri ragazzi morti, però, ecco, mi sento piuttosto acclimatata in queste acque da artista decadente. E poi ho rapidamente tirato le somme passando in rassegna i miei ultimi anni e quello appena iniziato e

Orcocazzo, allora quest’anno schioppo cento cento, ho pensato.

Oltretutto, come per il mio nome, anche il giorno della mia nascita porta con sé una buona dose di presagi funesti.

Sono nata quando è esplosa Cernobyl. Non proprio in quell’anno, chiaro, altrimenti mi sarei spiegata tante cose attribuendole alle esalazioni radioattive. Dovevo nascere il giorno prima, 25 aprile, festa della liberazione, ma dovendo scegliere tra gioia e devastazione, il destino manco a dirlo ha optato per la seconda.

Nella lista di Wikipedia degli eventi accaduti il 26 aprile ho trovato:

  • il fratello di Lorenzo de Medici viene ucciso nella congiura dei pazzi
  • qualcuno esplora l’Amazzonia (ergo qualcuno uccide indigeni)
  • seconda guerra d’indipendenza italiana
  • prima trasmissione televisiva a New York (unica lieta notizia)
  • viene istituita la Gestapo
  • bombardamento di Guernica
  • esplosione di una miniera in Manciuria
  • il velivolo spaziale Ranger 4 si schianta sulla Luna
  • Non sono registrati eventi prima del 1400 per questione di reperimento fonti, ma vai a vedere che cercando meglio la guerra di Troia è scoppiata proprio in questa data.

    Sono nata alle 4 e 20 del mattino, o di notte, dipende da come la si vive. Le 4 e 20 sono un orario mistico, simbolico, tra il massonico, l’esoterico e il cabalistico. In realtà è semplicemente l’orario in cui un gruppo di ragazzini della California si vedeva per fumarsi le canne sul muretto, diventato poi il numero sacro di tutti i fattoni, me compresa.

    Sono Toro ascendente Pesci. Non credo negli oroscopi né tantomeno nella divinazione di organi animali e fondi di caffè, eppure ci calzo a pieno in questo segno. Su loscippatoredistelle.it ho letto queste caratteristiche:

  • sensibilissima intuitiva istintiva generosa immediata creativa… alla facc ro cazz
  • un po’ pigra, come dimostrano le ovaie in letargo e l’occhio sinistro che è intelligente ma non si applica
  • pensi con il cuore non con la razionalità, che fuor di metafora è un bel modo per dire che sono tutta scema, perché il cuore non è un’entità pensante.
  • hai Venere dalla tua parte, io direi contro ma lascio fare agli esperti
  • Sull’innata propensione alle droghe leggere e ai disastri annunciati, nessun commento.

    Sono nata. Ma in realtà non dovevo. Un bel giorno il ginecologo di mia madre aveva stabilito che ero morta. Insomma, sayonara, partita persa ancor prima di giocarla. Mia madre però, più per i residui delle esalazioni che per reale amore materno, aveva deciso comunque di tenersi quell’esserino affogato nella placenta. Ringraziamenti circostanziali. Ero viva, ma quel simpaticone del ginecologo non si è dato mica per vinto, no: è viva, ma potrebbe nascere con gravi malformazioni.

    Ora, ecco… a parte una peluria un po’ eccessiva, l’occhio pigro, i piedi che non sanno camminare in linea retta e la costante urgenza di far pipì, si direbbe che sto benone. Sono giunta alla conclusione che probabilmente la malformazione di cui parlava il ginecologo fosse cerebrale, ma in ogni caso andasse a fanculo quel cazzone

    Alla luce di tutto ciò, ieri mattina mi sono svegliata, mi sono data malata a lavoro e ho deciso di passare la giornata con l’unica persona sempre presente al mio compleanno: me stessa.

    Sono scesa a far colazione al bar, col mio cornetto preferito frutti rossi e crema fatta in casa, con scorzetta di limone, buona come quella di mia nonna. Mi è venuto il genio e ho preparato una torta, tanto per cambiare frutti rossi e crema fatta in casa, che non è venuta buona come quella della nonna, non è venuta buona in generale, faceva proprio schifo.

    Sono uscita, ho comprato un libro, e con la mia playlist nelle orecchie sono andata all’Isola Tiberina, che è il mio posto preferito qui a Roma. Ho letto un po’, ho scritto, poi sono andata a mangiare un supplì in centro. Tornata a casa ho dato una seconda chance alla torta, soffiando le candeline sulle note di Di chi ti ricordi per sorridere, che è la canzone che ascolto sempre e solo il giorno del mio compleanno e grazie al cazzo che poi mi deprimo. Però stavolta ho convenuto che se proprio devo fare sta minchiata tutti gli anni, se proprio devo ricordarmi di qualcuno, è di me che devo ricordarmi per sorridere. Anche se preparo delle torte demmerda.

    Il mio ventisettesimo anno era dunque iniziato con tutti i crismi e io avevo deciso di affrontare il futuro e le sfide della vita con grinta e positività. Per evitare di schioppare nell’anno, presa dall’euforia del momento, mi ero data persino un paio di obiettivi, dei buoni propositi.

    A parte i classici intramontabili “smettere di fumare” e “bere con moderazione”, mi sono anche appuntata” trovare un equilibrio e un’armonia interiore”, roba del tipo mettere i libri in ordine cronologico e i reggiseni in ordine cromatico, fare meditazione, stretching, la posizione dell’albero, del cane, del saluto al sole ché Arià so’ queste le uniche posizioni che sperimenterai perché al momento non si scopa manco per il cazzo, Filippo kaputt t’ha salutato pure lui.

    Ma devo dire che andava benissimo così: posso usare questo raro momento di indipendenza, ho pensato, per riscoprire il piacere della solitudine, fare introspezione, capire chi sono, che voglio essere, cosa voglio fare schifo a parte. Domande complesse, troppo complesse da farsi nel pomeriggio del 27esimo anno di vita, quando la cosa più urgente da capire tra l’altro era se occorresse farmi una lavanda gastrica per ripulirmi da quella cosa che ho osato chiamare torta.

    Che poi, se devo essere onesta, tra le cose da capire io prima di tutto devo ancora capire se so respirare. Cioè, a volte mi sembra di non respirare autonomamente. Mi sembra di non respirare finché il cervello non si ricorda di dover compiere questa semplice, normalissima azione. Capite? Devo ancora imparare a respirare e pretendo di trovare una risposta al senso della vita?

    E difatti mentre riflettevo su questi massimi sistemi, hanno suonato alla porta: era Vanni che si è presentato a sorpresa a Roma con due Negroni, una canna e una torta degne di questo nome. Siamo usciti, siamo andati con i vicini a mangiare in un’osteria, che se non m’ammazzano alcool e ganja, m’ammazzerà la cucina romana, altro che, e abbiamo fatto un brindisi e un altro e un altro ancora a Cernobyl, al ginecologo, al club dei 27 e soprattutto ai buoni propositi durati la bellezza di 34 minuti e mezzo.

    Ma poi chi li mantiene sti cazzi di buoni propositi? Dai su… uno li fa tanto per, per ammettere a se stesso di essere sì un cazzone ma di avere tutte le intenzioni di smettere di esserlo. Le intenzioni, appunto, e intenzione deriva da intendere e intendere vuol dire tendere verso anche sinonimo di rivolgere, mirare a. Uno mira ai buoni propositi, poi mica è detto che li centri.

    Io sicuro no, ma non è mica colpa mia a quanto pare: è tutta colpa del mio tema natale che ieri la mia vicina in fissa con le stelle ha definito “drammatico”, confermando la tesi sul giorno della mia nascita vai a vedere che quest’anno allora schioppo per davvero porcammerda.

    E poi pianeti a parte, c’ho veramente l’occhio troppo pigro per poter fare centro in qualcosa nella vita.


    © 2023 Sabrina Spadaro
    © Music by Pietro Falco