14. MATRIMONI E ALTRI RIMEDI

Titolo: 14. MATRIMONI E ALTRI RIMEDI

Ovvero quella segreta passione per Gesù e i cantanti neomelodici

Sono tornata a Roma, più stressata di come me ne ero andata, per di più con la sorpresa di trovare a casa mia madre, che con quel suo odioso fare istrionico e impostato, mi ha annunciato che si sarebbe fermata lì per un paio di mesi e che ne avremmo approfittato per stare un po’ insieme…

Seratina tra donne stasera”, ha detto, “voglio gossip croccanti”, ha detto, “sicuramente sei una che fa strage di cuori”, ha detto, “guardati un po’… sei la mia fotocopia”, ha detto.
Mazza che culo, avrei voluto rispondere… E invece le ho detto “no, guarda, mi spiace, ma sarò un paio di giorni fuori…”
“Fai bene, divertiti, quant’è bella giovinezza, che si fugge tuttavia!”
“Sisi.. Chi vuol esser lieto, sia: di doman non c’è certezza ciaociao

Del domani non avevo davvero alcuna certezza, a partire dal posto in cui avrei dovuto passare sti due giorni, perché la verità è che non avevo alcun programma… Ma mentre prendevo un caffè al bar di Cesare ho visto passare tre suore e, ma certo sì, ho trovato la soluzione alla seratina tra donne con la stronza di mia madre: un convento, è perfetto: potevo cercare una camera in un convento.

Lo so, la scelta può sembrare parecchio bislacca… perché proprio un convento?

  • punto 1: perché si sta freschi… andate in chiesa in estate con la crisi climatica che avanza, vedete come vi convertite subito
  • punto 2: perché si sta in sacrosanto silenzio senza gossip croccanti del cazzo da raccontare
  • punto 3: perché si paga poco e ti danno pure colazione pranzo e cena con primo secondo contorno frutta e dolcetto… che meglio che con all inclusive del grand hotel eh, solo il meglio per i fan del Padre Eterno
  • punto 4: perché in realtà sono religiosa... non si direbbe ve? E invece sono religiosa, ho fatto pure asilo-elementari-medie dalle suore… E forse per questo che poi so cresciuta così
  • Devo dire che Gesù mi è sempre stato simpatico, prima di tutto perché non è uno di quei prescelti con la puzza sotto il naso e i mocassini ai piedi; nono, a me e a Gesù ci piacciono le stesse persone: delinquenti, ubriaconi, donne dai facili costumi, poveracci, gli ultimi del mondo.

    E poi era umano, Gesù, tutto umano: quando il Grande Capo gli ha annunciato che doveva morire, non è che abbia proprio sfoderato un eroico coraggio dinanzi alla prode impresa, no: si è allontanato in un posto buio, si è messo a piangere e ha cercato di capire come uscirsene da quel brutto affare... Cioè, non era ancora andato a farsi una vacanza a Mykonos, cavoli, era proprio ingiusto morire adesso.
    “Padre, se vuoi, allontana da me questo calice”, perché insomma, quando aveva sentito parlare di calice, pensava a un festino, è stato tratto in inganno.

    Sono religiosa anche perché quando il gin non basta, ho bisogno di qualche altra entità superiore che mi aiuti a sopportare questa via. Da quasi vent’anni prego ogni sera il mio team club nell’alto dei cieli, che tenta di proteggermi come meglio può.

    C’è Mary, cioè Maria, a cui ho dato questo nomignolo perché siamo in confidenza dalla terza media, da quando le ho chiesto la grazia di mettermi con Alfi, un ragazzino della sezione A che mi piaceva; non mi ha ascoltata, ma le voglio bene comunque.

    C’è Lele, l’arcangelo Raffaele, che ho iniziato a pregare da quando ho capito che forse a Mary servisse una mano in più, che è il già citato angelo custode attualmente in psicoterapia.

    C’è nonna, con cui ho in sospeso quella granita di caffè con panna. E nonno, che spero mi perdonerà per tante cose, tra cui quella di aver imparato a mangiare fave e cicorie, ma in scatola.

    C’è Wish, il porcellino d’India che ho comprato la prima volta che Mattia mi ha lasciato.

    E poi c’è Simona… che adesso spero sia felice.

    Insomma sì, sono religiosa, e vi dirò di più: oltre alla scuola dalle suore, per un paio d'anni quando ho smesso con le canne ho persino seguito un bislacco cammino religioso. E vi dirò ancora di più, ho fatto pure qualche mese di astinenza dal sesso prima del matrimonio… sì... perché a 23 anni mi dovevo sposare, con Giorgio, tappa 6 della via crucis.

    Ci siamo conosciuti in chiesa sul finire dei miei 20 anni, in un pomeriggio piovoso, e questo è proprio il classico dei classici, iniziano così le più belle storie d’amore della letteratura italiana, no?, Dante e Beatrice, Laura e Francisci Petrarchae laureati poetae… Che poi sarebbe meglio rivedere il concetto di belle storie d’amore, perché due uomini sposati che amano due donne morte che in vita nemmeno sapevano della loro esistenza non mi sembra proprio il massimo.

    Giorgio frequentava il mio stesso bislacco cammino, in cui ero entrata da poco per cercare la via della salvezza e della beatitudine, e per qualche mese siamo stati buoni conoscenti: era il ragazzo perfetto, ma di un’altra. Tuttavia, come i nostri succitati esempi letterari, ben presto si era preso una sbandata per me.

    Siamo stati amanti per un mesetto, alla faccia del cammino religioso, dopodiché infrangendo il classico buoncostume che vuole che un uomo non lasci mai la fidanzata per l’amante, Giorgio ha inaspettatamente scelto me, come quando in Grey’s Anatomy quel figone di Patrick Dempsey si è messo con Meredith ‘prendimesceglimeamame’ Grey, mollando la moglie.

    È stato un anno e mezzo assai felice il nostro, eravamo una di quelle coppie che quando va cena fuori prende tutto da dividere per due, che si bacia prima di un caffè, sulla soglia della porta, nell’attesa del semaforo verde. Bleah... Ci mancava solo il profilo di coppia.

    Ogni mattina mi inviava un video, la struttura era più o meno la stessa: buongiorno Pippi (mi chiamava così non per Pippi calzelunghe, ma per la mia costante esigenza di fare pipì) poi mi diceva l’ora, il meteo del giorno, mi augurava buona giornata e mi dedicava una canzone: un repertorio che per lo più spaziava da Gigi Finizio a Prince Royce, e che era bello proprio per la tua autenticità trash.

    Un giorno mi ha chiesto di sposarlo: eravamo sul pontile del castello del Grande Paese in cui ci andavano a rifugiare quando eravamo amanti, ha messo “Sei bellissima” di Tony Colombo in sottofondo e senza parlare mi ha fatto vedere dei cartelli in stile scena del film Love Actually; aveva scritto una dichiarazione facendo un collage di frasi delle nostre migliori canzoni trash che si concludeva con “E quante cose mi inventerò se la vita ci darà l'incertezza di un'età”.

    Che vi dirò, un po’ suonava come le parole con cui Dante aveva spoilerato l’uscita della Divina Commedia, dedicata a Beatrice: ‘se piacere sarà di colui a cui tutte le cose vivono [cioè Dio], che la mia vita duri per alquanti anni, io spero di dicer di lei quello che mai non fue detto d’alcuna’.

    Cioè, alla fine Tony Colombo è pure più comprensibile.

    Mi ha dato l’anello, con due piccole pietre a goccia in ricordo di quel pomeriggio demmerda di pioggia in cui ci siamo conosciuti. Sapeva che non mi piaceva affatto l’idea di un solitario: ma chi dà un nome così triste a un anello pensato per un matrimonio, per un’unione?

    In teoria questo dovrebbe già far capire molte cose sulle vicende coniugali e in effetti tra i miei genitori e i miei nonni, io sono cresciuta con l’idea che il naturale sviluppo di un matrimonio fosse il divorzio.

    Capitava ad esempio che con i compagni di scuola si organizzassero dei pomeriggi da passare insieme a casa di ognuno di noi, tranne che da me, perché le mamme non vedevano di buon occhio lasciare i pargoletti in una casa dove non c’era una mamma… quella stronza. Dopo un paio d’anni, vedendo che i genitori degli altri continuavano a stare ancora insieme, alla fine ho chiesto loro: “Ma i vostri genitori quand’è che si lasciano?”...

    Da quel giorno non ho avuto più molti amichetti.

    Io e Giorgio dovevamo sposarci il 18 giugno 2019: avevamo affittato un castello del ’700 con le torri in pietra e la doppia scalinata. Il ricevimento sarebbe stato sul prato, con tavoli in legno grezzo, fiori di campo, candele color crema, lucine sospese... e ovviamente una band neomelodica.

    Quando sono andata a comprare l’abito da sposa avevo un’unica certezza: tutto ma mai un abito a sirena… e invece sarà stato per tutto il prosecco che quella mattina ci hanno versato a me e Vanni, ma alla fine avevo scelto proprio uno a sirena.

    Dobbiamo preparare cosa dirci durante il ballo”, ho detto a Giorgio una sera.
    “In che senso Pip?”
    “Sì insomma, li hai visti gli sposi quando fanno il primo lento, no? Passano tutto il tempo a chiacchierare e ridono poi piangono poi sembra che si facciano le rivelazioni più importanti… tutto in quel momento… come se non si parlassero da mesi… Ma secondo te che diamine si dicono due sposi mentre ballano?

    Giorgio si era messo a ridere, era la sua risata di quando dicevo cose stupide, come quando un pomeriggio in cui mi ha vista per la prima volta con la febbre mi ha chiesto:
    “Cosa fai quando stai così?”, intendeva che medicinali prendessi, “cosa fai quando stai così?
    Mi lamento”, gli ho risposto con seria rassegnazione.

    Mi ha lasciato prima del viaggio di capodanno a Parigi e qualche mese dopo, mentre io ero a Madrid, è tornato con l’ex… alla fine ogni cosa era tornata al suo posto. Sono sposati adesso e hanno una figlia, Chantal, che mi auguro sia scritto con Ch e non Sciantal.

    Almeno non le ha dato il nome che avevamo pensato noi, se avessimo avuto una figlia: Futura, e no, non è un omaggio a Mare Fuori e alla figlia di Nina e Carmine di Salvo… anzi maledetti, mi hanno rovinato l’esclusiva diffondendo sto nome nella serie più sputtanata degli ultimi anni… ora SICURO ci saranno una marea mammine-pancine che chiameranno la propria pargoletta Futura. Futura Carlotta Mercoledì, per gli amici Barbie. Maledette.

    No, il nome in realtà era per la canzone di Dalla. Un giorno mi era capitato di sentire che l’aveva pensata a Berlino: c’era ancora il muro, la guerra fredda, la gente senza speranza; una sera si era fermato su una panchina, si era acceso una sigaretta e ha pensato ‘Chissà, chissà, domani…’.

    Un bel domani è il regalo che vorrei dare a mia figlia… che per sua fortuna dovrà aspettare, visto che in poco tempo sono poi passata dalla prospettiva di notti insonni poppando e cambiando pannolini, a svegliarmi un mattino nella stanza di un luxury hotel sulla Gran Vía di Madrid dotata di jacuzzi sul terrazzo, con un taglio di venticinque centimetri sul sedere, senza ben capire, al solito, il come e il perché degli eventi.

    Ad oggi sono contenta che sia andata a finire così, ma allo stesso tempo penso che se fosse successo, se quel 18 giugno ci fossimo sposati, se adesso avessi una piccola Futura a cui insegnare che resaca se combate con cerveza, sarei stata contenta uguale.

    Nonno lo sapeva che non sarebbe durata, anche se Giorgio gli piaceva molto come gli piaceva papà:
    Vedo voi due e vedo tuo padre e quella stronza di mia figlia”, mi ha detto un giorno mentre per le bomboniere sceglievo alcune frasi delle lettere a Theo scritte da Van Gogh. “Siete diversi, Ari, troppo diversi”...

    Non l’ho ascoltato, come sempre, perché ok, è vero i miei erano la coppia più male assortita che avessi mai visto: lui uno di quegli idraulici belli in carne che quando si piega fa vedere tutto il solco del culo, lei un’attrice snob figlia di industriali. E ok, è vero, Giorgio era un manovale mentre io mi stavo laureando in Lettere per fare la sceneggiatrice teatrale cazzo a vederla così non solo aveva ragione nonno per giunta sembro davvero la fotocopia di quella stronza di mia madre.

    Per me io e Giorgio invece eravamo uguali, come quella canzone di Lorenzo Fragola che un giorno mi aveva dedicato, ma quando Giorgio mi ha lasciato, tra le motivazioni ha dato “tu vuoi fare un sacco di cose raffinate e culturali che a me non piacciono, e io non la voglio una vita di cose che non mi piacciono

    Quando quest’estate ho messo in ordine alcune cose nella camera del Piccolo Paese 2 ho trovato uno di quei taccuini su cui scrivevo quando fumavo le canne per non dimenticarmi le cose, c’era scritto “Ma che cazzo ci avevamo di uguale?”.

    Evidentemente il Signore ha altri progetti per me, ho detto infine con il mio odioso fare istrionico e impostato alla suora che mi stava facendo il check-in in convento, alla quale avevo propinato tutto sto gossip croccante misto a drammone psicosociale come risposta al suo semplice “come mai ha scelto di venire qui da noi?”.

    La verità è che se c’avessi avuto più soldi sarei andata in hotel con accesso spa incluso o in psicanalisi, forse più in psicanalisi… ma questo passava in convento

    L’avete capita? Eheh... In convento…


    © 2023 Sabrina Spadaro
    © Music by Pietro Falco