




Titolo: 7. CRESCERE O NON CRESCERE
Ovvero l'amletica diatriba tra una serata techno e la spesa al mercato rionale
Inizio a capire perché a 27 anni la gente decide di morire male, lo sto iniziando a capire. Credo sia dovuto dal fatto che da quest’anno in poi inizi un periodo un po’ così… dove per un po’ così si intende un gran bel periodo del cazzo.
Il cazzo di problema in sto bislacco periodo anagrafico è che attorno a te ognuno a modo suo sta iniziando a darsi una definizione e sta decidendo che status quo abbracciare, ovvero se continuare a fingere di non aver raggiunto l’età in cui i nostri genitori avevano già l’indeterminato, una casa senza mutuo e probabilmente anche un figlio, oppure zainetto da boyscout in spalla imboccare tenacemente questa strada.
Avere 27 anni vuol dire, in sostanza, ritrovarsi al bivio tra chi ancora pubblica selfie in costume davanti allo specchio del cesso o foto in discoteca con didascalia del tipo “la gente della notte sopravvive sempre”; mentre dall’altra parte si inizia a incappare in neomamme che condividono storie in cui parlano ai propri figli… attenzione: non parlano DEI propri figli, parlano AI propri figli, cioè mettono una foto con lui/lei e scrivono una roba del tipo “spero di essere una mamma adeguata per te, amore mio, per la tua mamma è dura, sai, fino all’altro mese rimorchiavo nei cessi delle disco”.
Che come concetto ci sta, evoglia, e avete pure tutta la mia solidarietà per la scelta coraggiosa perchè il mio problema principale con l’idea di un figlio, oltre alla mancanza della materia prima fondamentale con cui produrlo, è proprio di natura etica: con che faccia io potrei presentarmi a sta povera creatura in qualità di mamma, di figura autoritaria? con che faccia a sta povera creatura potrei dare coprifuoco e controllare nello zaino dei boyscout che non nasconda l’erba?
Niente di meno se mi esce femmina, me la ricaccerei nell’utero, la ingurgito come Crono con i suoi figli, è un mondo troppo difficile questo per una femmina, troppo difficile.
Dicevo dunque, il concetto ci sta tutto, ma la domanda è: che cazzo lo scrivete su Instagram che vostro figlio non ci sta lì, non vi legge mica. Esattamente come chi fa gli auguri alla festa della mamma e del papà con un post sui social, anche se la mamma e il papà non hanno social.
Per me il perché di ciò rimane un mistero ma come ho già detto in altre sedi, il mondo è bello perchè è vario c’è gente a cui piacciono le foto dei piedi e seriamente ma come cazzo fanno a piacervi i piedi che sono brutti, puzzolenti, con i pallini delle calze tra le dita che sembra zella, le unghie incarnite i calli madonna santissima in effetti sulla scala dei problemi mentali chi parla ai figli sul webbe sta una crema.
Accanto alle neomamme c’è l’altra brutta razza delle business woman, le neo donne in carriera che pubblicano video e foto di loro zaino da boyscout in spalla che stanno andando in azienda, del badge con cui entrare in azienda, di loro finalmente in azienda, delle piante finte in azienda, il biliardino dell’azienda, il corner bar dell’azienda che altro non è che lo spazio ndo stanno le macchinette che fanno per un giunta un caffè demmerda, chi se ne fotte che è gratis fa schifo, insomma fanno tutto sto report fotografico manco bho fossero in un locale extra lusso.
E ok che avere un lavoro degno di sto nome è diventato un vero lusso oggi come oggi, ma anche meno, placate l’entusiasmo, che è un lavoro del cazzo, il lavoro si odia a meno che non sventoli foglie di banano a Brad Pitt mezzo nudo.
Per non parlare di quelle fortunelle che oltre al lavoro, grazie al lavoro, mo c’hanno pure una casa, di proprietà, di proprietà della banca per i futuri ottantanove anni ma è loro; e noi come sappiamo di questo lieto evento? lo sappiamo perché triturano i coglioni a noi tutti condividendo due trecento foto al giorno di ogni angolo di sta benedetta casa, che manco fosse la reggia di Caserta, saranno si e no due metri quadri e mezzo, roba che ormai se c’è un soprammobile spostato o un libro che manca nella libreria me ne accorgo e glielo scrivo.
Chiaramente, noi tutti di ste benedette case ne abbiamo seguito le fasi di costruzione, la scelta dei mobili, degli elettrodomestici, della carta da parati, del servizio di porcellana, la biacheria tutto.
Quanto è bello il webbe eh, mamma mia: il webbe esiste per farci i cazzi degli altri per poi dire che non ce ne fotte un bel cazzo di niente dei cazzi degli altri ma alla fine continuiamo a farceli perchè in fondo, diciamola tutta, ci siamo appassionati alla trama e vogliamo sapere se al mercato del sabato mattina, la business woman comprerà le margherite bianche o le gerbere rosse per il vaso indiano in salotto. Che secondo me le gerbere ci stanno meglio, richiamano la tappezzeria del divano.
Mo le rispondo al sondaggio di Instagram.
Ecco, il mio principale problema in questo ventisettesimo anno è che in tutto sto asset sociale ben strutturato io non so che posizione prendere, perché non voglio essere nessuna di queste donne.
Non voglio passare i giovedì agli aperitivi del post office, spendere 20 euro per uno spritz annacquato e per parlare di macchina aziendale, scadenze e bonus. Benché meno voglio passare il sabato sera in pizzeria con amici e probabili passeggini annessi e connessi, che a prescindere dai poppanti quanto è triste il sabato sera in pizzeria cristo santo? Io non ci voglio andare in pizzeria il sabato sera, no, non voglio, tutti i giorni vanno bene ma il sabato no, non può essere questa la mia massima aspirazione del sabato sera no, no e no.
Anche perché il suo naturale sviluppo è la domenica pomeriggio in giro per gli ipermercati.
Piuttosto m’ammazzo
Però onestamente non me la sento nemmeno più di fare le sei del mattino a ballare techno, che mi fa schifo, più schifo del caffè alle macchinette aziendali e dello spritz al post office, a ballare, a sfasciarmi e limonare nell’antibagno, se ci arrivo al bagno visto che per lo più piscio e limono dove mi capita.
E ok, allo stato attuale delle cose magari sembra che io stia più da questa parte della barricata, tra la gente della notte che sopravvive sempre, sopravvivenza di cui ho i miei dubbi perché se continuo così manco agli anni di Cristo arrivo.
Il fatto è che barcamenarsi nel lato oscuro è più semplice, più che fare i conti con il fatto che ci sono decisioni da prendere, bonus da vincere, carte da parati da ordinare, poppanti da allattare, uno beve beve e fuma e beve e fuma e non ci pensa più ed ecco appunto come muore ai 27 la gente.
Poi c’è anche da ammettere che succedono sempre cose divertenti in quelle serate che io chiamo ricreative, avete mai sentito parlare di momenti memorabili in pizzeria davanti a una Quattro stagioni? Non credo.
Tipo, avete mai sentito parlare che dopo un frittino di verdure al centro uno si trovi travestita da pagliaccio dell'Enigmista versione sexy, con sangue vero e sangue finto mischiati insieme, in una stanza d’hotel a 40 km da Madrid con due allevatori di mucche di Toledo dopo aver perso borsa, documenti, soldi e per giunta se stessa?
Per farla breve, Halloween a Madrid, beviamo, usciamo, io cado nelle aiuole di Plaza d’España mentre piscio ho detto che per me pisciare in bagno è un optional, mi faccio male molto male ma non me ne accorgo, sto bevuta; beviamo, andiamo a ballare, ci perdiamo l’un altro, io limono con un tipo sui divanetti, voglio fumare e mi accorgo di non avere più la borsa, e per di più mi accorgo che il tipo con cui stavo limonando era un gran cesso, la serata andava di male in peggio.
Il peggio è che avevo perso tutto e tutti e non sapevo come tornare a casa, il tipo cesso mi dice di aver preso una stanza d’hotel con suo cugino, di dormire lì con loro e che il giorno dopo mi avrebbe accompagnato con la macchina, che non era il caso di guidare adesso visto che anche lui aveva bevuto, per questo aveva preso la stanza per la notte.
Il ragionamento non faceva una piega, era di certo più sensato di ogni ragionamento che avrei potuto formulare io al momento, e così senza neanche riflettere di avere davanti un potenziale maniaco serial killer di cui manco sapevo il nome, sono andata in hotel col tipo cesso e il cugino.
Andiamo in stanza, mi fumo una sigaretta che ho scroccato, il tipo cesso si avvicina perchè voleva un bacio e forse dell’altro ma scusami tanto eh, non mi sembra il caso vista la serataccia, e soprattutto sto fumando quindi col cazzo che rinuncio a tre tiri per un limone, nella mia scala di priorità sigaretta batte limone, chiunque tu sia, e tu per giunta sei cesso.
No, non gli ho detto proprio questo, già mi sentivo in colpa a pensare che era un cesso perché poverino si era prodigato per me, mi stava facendo dormire da lui, dai Arià non è mica cesso cesso un altro bacino daglielo. E invece no, era cesso punto, nessun bacio tutti a nanna.
Il giorno dopo mi sono svegliata salva e più o meno sana, nel senso che ero piena di sangue e lividi per la caduta in Plaza d’España ma era mea culpa quindi bene così, la serata poteva andare anche peggio, poteva succedermi il peggio e invece quella mattina mi sono ritrovata stesa in mezzo a due sfigati che allevavano mucche a Toledo, mucche che mi stavano mostrando sul telefono con lo stesso orgoglio delle neomamme quando sfoggiano le foto del loro pargoletto visibilmente sovrappeso.
Non lo so, ma sta storia assurda che si conclude a lieto fine con le mucche Guenda e Nichi (sì, so i nomi delle mucche e non dei tipi) è una di quelle storie che più amo raccontare quando si parla di serate memorabili.
Il fatto è che dopo tredici anni che fai sta vita, le cose memorabili diventano ordinarie e un po’ devo dire che ormai mi sento anche ridicola a ridere di storie in cui metto completamente a repentaglio la mia vita su qualsiasi fronte.
Sabato sera parlavo proprio di questo con un tipo assolutamente non cesso conosciuto a una delle feste del mio vicino di casa; belli alticci, io e sto tipo avevamo iniziato a toccare temi esistenziali e allora gli ho confessato che nella vita in fondo mi piacerebbe essere una di quelle persone che fanno la spesa al mercato il sabato mattina.
Sono venuti fuori concetti del tipo lo so, è assai penoso che ci divertiamo solo se beviamo, no, infatti, una vita così non mi soddisfa più, tutto già visto, tutto già fatto, già già, è così, e poi basta con le notti ambigue, con le uscite senza senso, perder tempo con gente con cui sai che non ci puoi costruire niente, esatto esatto, anche io voglio ben altro, una vita semplice, un futuro equilibrato con una persona equilibrata con cui allevare figli equilibrati a cui cercherò di non causare traumi irreparabili, questo voglio, esattamente questo. Sì...
E adesso finisci il gin che andiamo a limonare in bagno.